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asciugare, e dalle catapecchie delle povere donne che passavano le giornate a seder su l’uscio, le giornate eguali tutte, vedendo la stessa gente alla stess’ora, udendo le solite liti che s’accendevano da un uscio all’altro tra due o più comari linguacciute per i loro monelli che, giocando, s’erano strappati i capelli o rotto la testa. Unica novità, di tanto in tanto, il Viatico; il prete sotto il baldacchino, il campanello, il coro delle di vote:
Oggi e sempre sia lodato
nostro Dio sacramentato....
Morto, dopo appena tre anni di matrimonio, il marito, Anna Auriti era quasi morta anch’essa per il mondo. Fin dal giorno della sciagura non era uscita infatti mai più di casa, neanche per andare a messa, le domeniche; nè s’era mai più mostrata, nemmeno attraverso i vetri delle finestre sempre socchiuse. Soltanto le monache della Badìa Grande, affacciandosi alle grate a gabbia, avevano potuto vederla dall’alto, quand’ella veniva a prendere, sul vespro, un po’ d’aria nell’angusto giardinetto pensile della casa, ch’era addossata alla tetra, altissima fabbrica di quella badìa, già antico castello baronale dei Chiaramonte. Nè certo quelle monache avevano potuto sentire alcuna invidia di lei reclusa come loro. Come loro, se non più semplicemente, ella vestiva di nero, sempre; come loro nascondeva, sotto un fazzoletto di seta nera annodato al mento, i capelli, se non recisi, non più curati affatto, appena ravviati in due bande e attorti alla lesta dietro la nuca; que’ bei capelli castani, voluminosi, che tanta grazia un giorno, acconciati con arte, avevano dato al suo pallido, mite dolcissimo volto,