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due paroline per intenderci. Avrei meditato.... messo su, o mi sembra, un piccolo piano di battaglia. Non la pretendo a generale, veh! Lor signori combatteranno; io porterò il gamellino; Ecco. Ben ponderato tutto, il nostro più temibile avversario chi è? Il Capolino? No; ma chi gli fa spalla: il Salvo, già suo cognato, potentissimo. Ora io da buona fonte so, che il Salvo, fino a pochi giorni fa, non voleva permettere in verun modo questa.... questa comparsa del Capolino.

— Sì, sì, — confermò il Mattina. — A causa delle trattative di matrimonio tra la sorella e il principe di Laurentano.

— Oh! Benissimo, — approvò il Canonico. — Ma il Salvo concesse la grazia di fargli spalla appena seppe che il principe non intendeva d’aver riguardo alla parentela dell’Auriti e ordinava non ne avesse parimenti il partito. Stando così le cose, le sorti del nostro Roberto sono quasi disperate. Non c’illudiamo.

— Eh, lo so! — sbuffò il Verònica.

Subito il Canonico lo arrestò con un gesto della mano, seguitando:

— Ma se noi, ecco, pognamo che noi, signori miei, a dispetto della libertà concessa dal principe, riuscissimo a legar mani e piedi al colosso, al Salvo.... eh? Come? Ecco: sarebbe questo il mio piano.

Pompeo Agrò, data così l’esca alla curiosità, stette un pezzo con le mani spalmate, sospese sotto il mento; poi le ritrasse, richiudendole; chiuse anche gli occhi per raccogliersi meglio; lasciò andar fuori un altro: “Ecco!„, come un gancio per sostener l’attenzione dei due ascoltatori, e rimase ancora un po’ in silenzio.

— Lor signori sanno le condizioni con cui si ef-