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ralmente, spingevano, e lui aveva lasciato il sostegno del palo per vedere se quelle avessero tanta forza da sollevargli i piedi dal fondo, a un tratto, patapùmfete! perdette l’equilibrio e tracollò a testa giù, sott’acqua!

— Oh guarda! — esclamò don Cosmo, costernato.

— Si figuri, — riprese Capolino, — come cominciò a fare coi piedi per tornare a galla! Ma, per disgrazia, i piedi gli s’impigliarono nella cordicella delle zucche e, naturalmente, per quanti sforzi facesse sott’acqua, non li poteva più tirare al fondo.

— Zitto! zitto! ohi ohi ohi.... — fece don Cosmo, contraendo le dita e tutto il volto.

Ma Capolino seguitò:

— Badi che è buffo davvero rischiar d’affogare in un recinto di bagni, in mezzo a tanta gente, che non se n’accorgeva e non gli dava ajuto, non sospettando minimamente ch’egli fosse lì con la morte in bocca! E sarebbe affogato, affogato com’è vero Dio, se un ragazzetto di tredici anni — questo Aurelio Costa, che ora è ingegnere e direttore delle zolfare del Salvo ad Aragona e a Comitini — non si fosse accorto di quei due piedi che si azzuffavano disperatamente a fior d’acqua e non fosse accorso, ridendo, a liberarlo.

— Ah, capisco.... — fece don Cosmo. — E la figliuola, adesso....

— La figliuola.... la figliuola.... — masticò Capolino. — Flaminio, capirà, dovette disobbligarsi con quel ragazzo, e si disobbligò nella misura del pericolo che aveva corso e del terrore che si era preso. Gli dissero che era figlio d’un povero staderante all’imbarco dello zolfo....

— Il Costa, già, Leonardo Costa, — interruppe

Pirandello. I vecchi e i giovani. - I. 5