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— No no: ufficialmente, no! — negò subito Capolino.

— Ma.... zitto però, mi raccomando: non deve saperlo neanche l’aria! Io credo, caro don Cosmo, che la ragazza sia in fondo più malata d’anima che di corpo.

— Toccata, eh?

— Toccata. Questa forse è l’unica cosa mal fatta di suo padre. Qua Flaminio ha sbagliato.... eh, non c’è che dire, ha sbagliato!

Don Cosmo si rifermò, crollò più volte il capo e disse, serio serio:

— Vedete dunque che sbaglia anche lui, caro avvocato?

— Ma se il diavolo, creda, ci volle proprio cacciar la coda, quella volta! — riprese Capolino. — Lei saprà che Flaminio.... sarà dieci anni, altro che dieci! saranno quindici, sicuro! insomma lì, poco più poco meno, fu a un pelo di morire affogato.... Non lo sa? E come! Ai bagni di mare, a Porto Empedocle. Una cosa buffa, creda, buffa e atroce al tempo stesso! Per un pajo di zucche....

— Di zucche? Sentiamo, — disse don Cosmo, contro il suo solito, incuriosito.

— Ma sì, — seguitò Capolino. — Prendeva un bagno, ai Casotti. Non sa nuotare e, per prudenza, si teneva tra i pali del recinto, dove l’acqua, sì e no, gli arrivava al petto. Ora (il diavolo!) vide un pajo di zucche galleggiare accanto a lui, lasciate in mare forse da qualche ragazzetto. Le prese. Stando accoccolato, perchè l’acqua lo coprisse fino al collo — (com’è brutto l’uomo nell’acqua, don Cosmo mio, l’uomo che non sa nuotare!) — gli venne la cattiva ispirazione di cacciarsi sotto, per spasso, quel pajo di zucche con la cordicella che le teneva unite; ci si mise a seder sopra, e, siccome le zucche, natu-