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smo, picchiandosi con dito il petto, dalla parte del cuore.

— Altro se c’è! — esclamò Capolino, ridendo più forte.

Ninì, tra le spine, mortificato, urtato da quella risata sconveniente, protestò con qualche energia: — Ma non c’è nientissim’affatto! Per carità, non dicano codeste cose!

— Già! San Luigi Gonzaga! — ripreso allora Capolino, prolungando sforzatamente la risata. — O piuttosto.... sì, dov’è donna Sara? lui sì, davvero, Metastasio.... un eroe di Metastasio, don Cosmo! o diciamo meglio, un angelo.... ma un angelo, non come ad Alcamo, badiamo! Sa, don Cosmo, che ad Alcamo chiamano angelo il porchetto?

Ninì s’inquietò sul serio; impallidì; disse con voce ferma:

— Lei mi secca, avvocato!

— Non parlo più! — fece allora Capolino, ricomponendosi.

Don Cosmo rimase afflitto, senza comprendere in prima; poi aprì la bocca a un ah! che gli rimase in gola. Si trattava forse della figlia del Salvo? Ah, ecco, ecco.... Non ci aveva pensato. Non la conosceva ancora. Ma sicuro! benissimo! Una fortuna per quel caro Ninì! E glielo volle dire:

— Non ti conturbare, figliuolo mio. È una cosa molto seria. Non dovresti perder tempo, nella tua condizione.

Ninì si torse su la seggiola quasi per resistere, senza gridare, alla puntura di cento spilli su tutto il corpo. Capolino rattenne il fiato e aspettò che la valanga precipitasse. Don Cosmo non seppe rendersi ragione dell’effetto di quelle sue parole e guardò, stordito, prima l’uno, poi l’altro.