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mondo di là, su l’anima del conte Lucchesi-Palli, che volle farne dono alla nostra Biblioteca per rovinare quel povero figliuolo!
— Ne ha già interpretati dieci, — disse Ninì. — Gliene restano ancora quattro.... grossi così!
— Faccia presto! faccia presto! — concluse don Cosmo paternamente. — E anche tu, figliuolo mio, bada.... badate alle cose vostre: so che non vanno tanto bene.... Giudizio!
Capolino intanto, presso la finestra, s’industriava di farsi specchio della vetrata aperta, e si lisciava su le gote le fedine corte, a spazzola, già un po’ brizzolate. Non era bello, ma aveva occhi fervidi e penetranti, che non facevano notare la dura scorrettezza dei lineamenti e gli accendevano simpaticamente tutto il volto bruno e magro.
Sentendo cadere il discorso tra il Laurentano e Ninì, finse di star lì a determinare i punti cardinali de la villa.
~ Esposizione a mezzogiorno, è vero? Ma se l’era scelta per lei, questa camera, don Cosmo?
— Questa o un’altra.... — rispose il Laurentano. — Camere, ce n’è d’avanzo, vedrete; ma tutte così, in pessimo stato.... Tutto vecchio, avvocato, tutto vecchio.... Ecco, uscendo di qua.... (no, senza cerimonie: scusate, che gusto c’è a dire che non è vecchio quello che è vecchio? Si vede!) ...dicevo, uscendo di qua, abbiamo questo lungo corridojo, che divide in due parti il casermone; tutto le camere da questa parte sono a mezzogiorno; quelle da quest’altra, a tramontana. La sala d’ingresso interrompe di qua e di là il corridojo, e divide la villa in due quartieri uguali, salvo che di qua, in fondo, abbiamo un camerone, il cui uscio è alle mie spalle; di là, invece, abbiamo una terrazza. È semplicissimo.