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e aggiunse, grattandosi la corta barba grigia, ricciuta: — Guarda! guarda!
— Mai, ah? gli occhi li aprirete mai? — incalzò Mauro. — Non lo dico io? Il bamboccetto! L’ajo, la bàlia gli dobbiamo dare.... Santissimo Dio, che cristiano siete? Non lo avete letto il giornale di jeri? Di quei lacci di forca che, con la scusa della fame, vogliono mandare a gambe all’aria tutto quello che abbiamo fatto noi, a costo del sangue nostro? Assassini!
Don Cosmo, tra i gesticolamenti furiosi di Mauro, non si era accorto della lettera, che questi teneva in mano, e quietamente aveva cominciato a insaponarsi il capo calvo e lucidissimo. Stizzito da quella calma, Mauro seguitò:
— E se tutti fossero corno voi.... Ma ci sono pure io, qua, corpo di Dio! Vecchio come sono, con me avrebbero da vedersela ancora! con me, capite? con me!
— Dunque, — disse piano don Cosmo, voltandosi, — posso anche dormire con la porta aperta.
I giornali, a Valsanìa, capitavano di tanto in tanto, già destinati al loro umile e forse più utile uso d’involti. Mauro se li rimetteva in sesto amorosamente, ci passava sopra le mani più volte per appianarne le brancicature e gli strambelli; e, vincendo con una pazienza da certosino l’enorme stento della lettura (giacchè da sè assai tardi aveva imparato a compitare appena), se ne pascolava per intere settimane, cacciandoseli a memoria dal primo all’ultimo rigo.
Eran tutte notizie nuove per lui, echi sperduti colà della vita del mondo.
Nell’ultimo giornale, venutogli così per caso tra mano, aveva letto, il giorno avanti, di uno sciopero di solfarai in un paese della provincia e della costituzione di essi in "Fascio di Lavoratori„.