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che ne aveva dato loro Giulio, l’altro fratello; notizie piuttosto vaghe, perchè Giulio, cresciuto sempre a Roma, aveva perduto del tutto l’aria, il sentimento della famiglia, non pareva più affatto neanche siciliano; e forse scusava il fratello maggiore; certo non dava alcun peso, alcuna importanza a tante cose, che per poco a lei e alla madre non facevano orrore.
Era una maestra di canto, moglie d’un tenore che aveva perduto la voce, la compagna di Roberto. E Giulio aveva detto, ridendo, che questo tenore, buon uomo, sedeva ogni giorno alla tavola di Roberto e dormiva poi, la sera, presso un fratello della moglie, che teneva una specie di collegio, di conservatorio di musica privato, dove colei insegnava canto e il marito fungeva nientemeno che da censore. Roberto era come in pensione in quella casa, dove qualche volta, nelle annate di maggiore affluenza, alloggiava anche qualche convittore, che non trovava posto nel collegio del fratello.
A contatto di tal gente si sarebbe trovato dunque, tra poco, il figliuolo.
Parecchie volte Anna aveva cercato di persuadere la madre a proporre a Roberto il loro trasferimento a Roma. Avrebbero venduto quella casa, albergo di tante sventure, e si sarebbero accomodate a vivere alla meglio a Roma, magari sole dapprima, sole o con Giulio soltanto. Chi sa che, a poco a poco, col tempo, la madre non sarebbe poi riuscita a liberar Roberto da quella compagnia.... Non sarebbe stato anche un risparmio, di tre case farne una sola? E tutta la famiglia raccolta insieme....
— Sogni! — le aveva detto la madre. E non aveva voluto neanche mettere in discussione la proposta.
Sapeva che nè Giulio avrebbe voluto perdere la