Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
ch’essa sentisse oscuramente la doglia della vita. Aveva ragione Corrado Selmi; aveva interpretato bene il segreto sentimento di lei.... Già da tempo rassegnata, ella avrebbe desiderato, se non per sè, almeno per quel figliuolo, che alla fine qualche sorriso di pace, anche mesto, alleviasse un po’ l’oppressione, l’incubo delle memorie dolorose, quel cupo rancore contro la vita, la muta, disperata amaritudine della madre.
Calma, e non pace! Non poteva aver pace l’anima di donna Caterina Laurentano.
Forse perchè non credeva più in nulla? Lei, sì, Anna, credeva, credeva fervidamente in Dio, pur senza seguire alcuna delle pratiche religiose. Le donne del vicinato non la vedevano mai andare a messa, come la madre; e tuttavia distinguevano tra l’una e l’altra, indovinavano che la signora giovane era religiosa e, nell’intravederla qualche volta da lontano, così bella e mite, sempre vestita di nero, se l’additavano come una santa.
Anna stava sopratutto in pensiero per la nuova vita, per le nuove abitudini in mezzo alle quali si sarebbe trovato fra poco il figliuolo, là nella casa del fratello, a Roma. Non dubitava punto che questi avrebbe avuto le più squisite e diligenti cure per il nipote; ma la donna ch’egli aveva con sè? i parenti di lei? tutti quelli che frequentavano la casa di Roberto? Quel Corrado Selmi che, col suo fascino strano, era finanche riuscito a turbar lei? Chi sa quale impressione ne avrebbe ricevuto il suo Ninuccio, vissuto sempre qua, rinchioccito presso lei e la nonna!
L’una e l’altra avevano parlato spesso e a lungo con amarezza, della vita mancata del loro Roberto, della falsa famiglia che s’era formata, su le notizie