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vissuto più, ora, senza di lui? E piangeva silenziosamente.
Se l’era allevato, lo aveva custodito con l’anima e col fiato, non badando ai rimproveri della madre, che temeva lo avviziasse troppo. Ma no, no! che avviziare! Era tanto impensierita e tormentata, lei, nel vederlo crescere così freddo e arcigno, sempre e tutto chiuso in sè, e procurava con le sue maniere, con le cure sempre vigili, d’addolcirlo, ecco, di riscaldarlo con l’amore materno, di renderlo più espansivo e confidente.
Non sapeva che cosa egli avesse in fondo al cuore, che lo allontanava anche dalla compagnia dei giovani della sua età. Studiare, studiava anche troppo, con nocumento finanche della salute; e, quando non studiava, stava acutamente assorto in certi pensieri che gli rendevano più irsute le ciglia, più duro e scontroso lo sguardo dietro le lenti da miope.
— Oh Dio, Ninuccio, se vedessi come ti fai brutto....
Egli le rispondeva con una spallata.
Forse soffriva, il suo Ninuccio, delle angustioso condizioni della famiglia, forse pensava che la nonna anche senza derogare affatto a sè stessa, ai suoi sentimenti, avrebbe potuto essere ricca. Troppo, certo, l’infanzia di lui e la prima giovinezza erano state aduggiate dall’ombra cupa di tante sventure in quella vecchia e vasta casa sempre silenziosa, nella quale il sole, entrando, pareva non recasse mai nè luce nè calore.
Che casa! Lo notava quella notte ella, presentendo lo squallore in cui domani le sarebbe apparsa! Logorati i mobili, anneriti i soffitti, consunto il pavimento, inaridite e stinte le cornici delle imposte, sbiadita in tutte le stanze la carta da parato.... Pure curata e pulita e rassettata sempre, pareva che an-