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nè abitudini, nè doveri; va’, va’, muoviti sempre; scrollati di tratto in tratto d’addosso ogni incrostatura di concetti; cerca il tuo piacere e non temere il giudizio degli altri e neanche il tuo, che puoi stimar giusto oggi e falso domani. Conosci don Cosmo Laurentano? Se sapessi quanta ragione ha quel matto! Va’, va’, è tardi; andiamo a dormire. Addio.

Soeso nel viale della Passeggiata, sotto gli alberi spioventi, nell’ampio silenzio della notte, Aurelio Costa ebbe l’impressione di non trovar più sè stesso in sè, e si fermò come per cercarsi.

I pensieri che lo avevano agitato intorno al suo avvenire, per quel vasto disegno del Salvo; gli sguardi provocanti, le parole, le premure di Nicoletta Capolino, là a Colimbètra; e qua, adesso, questo discorso triste, sinuoso, inatteso del Salvo, gli avevano quasi disperso, sparpagliato lo spirito. Una parte era rimasta là a Colimbètra; l’altra qua ne la villa, smarrita, frastornata, messa in sospetto, stordita dalle parole del Salvo. E dunque sarebbe andata a Roma Nicoletta? E allora? Ma come? Il Salvo s’era voluto sbarazzare del Capolino? Sì, lo aveva detto chiaramente: Piazza pulita. Aveva alluso fors’anche a lei? C’era una certa ironia nella domanda, che gli aveva rivolta: Contenta, la signora? Aveva voluto allontanare anche lei dalla sua casa? forse ella gli si era ribellata? Era egli così triste, in un animo così insolito, per questo? E che voleva da lui? Che senso cavare dalle strane cose che gli aveva dette? Ti posso io dire il piacere che mi faresti, se tu agissi com’io forse al tuo posto agirei? Che piacere? che aveva inteso dire? Un desiderio segreto, inconfessabile? aveva detto così, in genere? S’era lamentato d’avere attorno automi, fantocci.... E quei consigli, in fine....