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gl’interessati e qualche lieve sacrifizio, se occorre. Intanto, mentre qua si studia sul serio per portar rimedio a questa condizione di cose disperata per tutti, hai sentito a Grotte? Vogliono imporsi col numero.... Stupidi! Imporsi a chi, e perchè?... la rovina, oggi, è più per chi ha, che per chi non ha! Il numero.... Che forza può avere il numero? Ti può dar l’urto bestiale; ma la valanga che atterra, si frantuma anch’essa nello stesso tempo. Ah che nausea! che nausea! A uno a uno, hanno paura, capisci? e si raccolgono in mille per dare un passo, che non saprebbero da soli; a uno a uno, non hanno un pensiero; e mille teste vuote, raccolte insieme, si figurano che l’avranno, e non s’accorgono che è quello del matto o dell’imbroglione che le guida. Questo, là. E qua? Qua un altro spettacolo, più nauseante. Io forse invecchio, Aurelio.
— Lei? — domandò questi, sorridendo.
— Invecchio, sì, — seguitò il Salvo. — Perdo il gusto di comandare. Me lo fa perdere la servilità che scopro in tutti. Uomini, vorrei uomini! Mi vedo attorno automi, fantocci, manichini, che devo atteggiare così così, e che^ mi restan davanti, come per farmi dispetto, nell’atteggiamento che ho dato loro, finchè non lo cambio con una manata. Di fuori, però, capisci? soltanto di fuori si lasciano atteggiare! Dentro.... eh, dentro, restano duri, coi loro pensieri coperti, nemici, vivi solamente per loro. Che puoi su questi? Docili di fuori, miti, malleabili, visi ridenti, ossequiosi, t’approvano, t’approvano sempre. Ah, che sdegno! Vorrei sapere perchè m’arrovello così; perchè e per chi lo faccio.... Domani morrò. Ho comandato! Sì, ecco: ho assegnato la parte a questo e a quello, a tanti che non han mai saputo veder altro in me che la parte che rappresento per