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fango, fango fuori, fango dentro, che stuzzicava il Pigna a parlare. Egli, avvezzo ormai da tanti anni a star muto, provava uno stordimento a mano a mano più confuso per quel suo silenzio che, all’insaputa di tutti, si nutriva e s’accresceva dentro di lui di certe stravaganti impressioni, come quella di poc’anzi, ch’egli non avrebbe potuto esprimere neppure a sè stesso, se non a costo di togliere ogni credito e ogni fiducia all’opera sua.
Marco Préola, intanto, seguitava a dire, quasi tra sè:
— Io, va bene; che sono io? un vagabondo; mi merito questo e altro. Ma vedete Domineddio che tempo pensa di fare, quando sono in cammino per una santa missione due poveri umanitarii, che una turba irriverente ha cacciato via, di notte, a nerbate!
Il Pigna accennò di fermarsi, fremente; ma Luca Lizio lo tirò via con uno strappo alla manica e un grugnito rabbioso.
— Nerbate.... ma bada, sai! — masticò quello tra i denti. — Gliele darei io, le nerbate....
— E da te me le piglierei, Nociarè, — s’affrettò a dirgli il Préola con un inchino, — com’è vero Dio! Ma sai, che tu sei un eroe? Puzzi, mannaggia! O sono io che sento sempre puzza.... Naso; qualità di naso.... Non dovrei sentirne, avvezzo come sono alle porcherie.... Un vero eroe, Nociarè! Il popolo non ti può capire. Non ti può capire, perchè l’idea, per disgrazia, non ha occhi, non ha gambe, non ha bocca. Che parla da sè l’idea? Parla per bocca degli uomini. E la plebe ignorante non sa staccare l’idea da chi la enunzia, mi spiego? Tu canti come un rosignolo, e tuttavia, Nocio mìo, non puoi fare effetto. Se dici, poniamo: “Popolo, l’umanità cammina! T’insegnerò io a camminare!„ — son capaci