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mente la mano, aveva voluto ricordare a lui, invece, quel passato, per toglier l’ombra di esso fra loro due? E gli era parsa sincera! Sì, franca e sincera! E com’era bella! Qual fascino si sprigionava da tutta la persona di lei! Oh, esserne amato....
Giunto a la villa di Flaminio Salvo, ora tacita e buja, Aurelio Costa lasciò nella scuderia il cavallo, e salì nello studio, ove il Salvo lo aspettava.
Questi notò subito il turbamento, l’animazione insolita nel volto e nelle parole del giovine, che si scusava del ritardo per essere stato trattenuto a cena dal Principe. Ascoltandolo, lo fissava con acuta investigazione; e, appena Aurelio chinava gli occhi, accentuava un po’ più il solito sorriso, effuso in tutti i lineamenti del volto, che un po’ di stanchezza, quella sera, faceva apparir più floscio.
— Me l’aspettavo, — gli disse, carezzandosi le basetta.
— Credetti che.... — si provò ad aggiungere Aurelio.
— Ma sì! hai fatto bene, — lo interruppe subito il Salvo.
— Che buon’aria porti da fuori! Deve far bene una cavalcata a quest’ora in campagna.... Bella serata! Qua si soffoca.... Quando sarai vecchio te ne ricorderai....
— Io? — domandò Aurelio, indotto a sorridere dal tono amorevole con cui il Salvo gli parlava, quantunque le parole, dopo le riflessioni fatte nel venire, lo ponessero in sospetto.
— Perchè?
— No.... io dico, forse.... — si riprese il Salvo, con un gesto vago della mano. — Veramente, tu ci sei avvezzo.... Di giorno, di notte, in giro.... Vita mossa, la tua! Ma forse questa gita è stata speciale. Quando siamo vecchi, ci si accendono, così, a lampi, ricordi, visioni lontane di noi stessi quali fummo