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allora Nicoletta, — che ha dovuto farsi codesta corsa....
— Ma non lo dica! — la interruppe subito il Costa. — L’ho fatta anzi con piacere....
— Anche perchè, scommetto, — interloquì zio Salesio, — lei non era stato mai a Colimbètra, eh? Meravigliosa dimora, caro ingegnere.... meravigliosa! Vero paradiso in terra!
Il Principe sorrise, chinando lievemente il capo, e invitò Aurelio Costa a rimanere a cena.
Per quella serata Ninì De Vincentis fu lasciato in pace da Nicoletta; ma non gliene fu grato affatto. Aveva preso gusto alla tortura.
Nicoletta però aveva da badare ad Aurelio Costa. E volle proprio inebriarlo, quella sera; volle ch’egli interpretasse segretamente tutte le premure e gli sguardi e i sorrisi di lei come un compenso all’incarico ingrato impostogli da Flaminio Salvo, di venire cioè là a Colimbètra ad annunziare il trionfo del marito; e volle che in quel compenso ch’ella gli dava, egli sentisse un sapor di vendetta contro il Salvo stesso, il quale, pur conoscendo i sentimenti di lui, lo aveva mandato lì come un servo. Considerava egli tutti come suoi schiavi venduti? Poteva anche darsi però che questi schiavi, alla fine, così provocati, accettassero la sfida e s’intendessero tra loro! Non s’intendevano già? Non c’era già tra loro un accordo, un patto segreto? E gli occhi di Nicoletta Capolino fissi in quelli di lui ora sfolgoravano aizzosi e ardenti, ora s’illanguidivano, velati e turbati, quasi nella promessa di un’intensa, profonda voluttà. Schiavo, schiavo con lei! si sarebbero vendicati di tutti quei vecchi che volevano tener schiavi loro due giovani! Per lei, d’ora innanzi, egli avrebbe amata la sua schiavitù;