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Luci e ombre.
Quando Aurelio Costa arrivò a Colimbètra, Don Ippolito Laurentano sapeva già della proclamazione di Capolino; e ne parlava nel salone con Don Salesio Marullo e con Ninì De Vincentis.
Il primo era accorso subito da Girgenti appena conosciuto l’esito del duello, fortunatissimo per lui; il secondo, dopo lo scontro a cui aveva assistito da testimonio, era rimasto a Colimbètra accanto al letto del ferito.
Zio Salesio ascoltava il Principe con un’aria di degnazione contegnosa, come se Capolino lo avesse fatto elegger lui. Ma sì, via! non gli aveva dato in moglie la figliastra?
Da cinque giorni si sentiva proprio rinato Zio Salesio, là, tra gli splendori di Colimbètra, nei quali s’invaniva e si ricreava, come se fossero suoi. Camminava su gli spessi tappeti più che mai in punta di piedi; faceva il bocchino a tutte le cose belle e preziose che vedeva; a tavola per poco non sveniva dal piacere innanzi a quelle finissime stoviglie luccicanti, o quando Liborio, in marsina e guanti bianchi, gli presentava i cibi prelibati che — gli pareva quasi impossibile! — non erano di cartone. E sul tramonto, non ostante che i piedi gli facessero male, scendeva su lo spiazzo e andava fino al cancello per il gusto di farsi salutare militarmente dall’uomo di guardia in calzoni rossi e cappotto turchino. L’uomo di guardia prendeva lo stesso gusto a salutare; e tutti e due, dopo il saluto, si guardavano e si sorridevano,