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— Ragazzo....

— Sai? stanotte è stata con me, abbracciata con me, a letto. E sempre....

— Ma va’! Non sono io, quella, sai!

— Lo so; ma è tua, è stata tua.... Non l’hai baciata tu?

— Tanto, da bambina....

— E dunque....

— Va’, va’, Nino. Mi richiamano. Addio. Ricordati, sai? Scrivimi! Addio.

Un altro lungo, lungo bacio innanzi alla porta, e Antonio andò via. Si fermò nel Piano di Gamez, deserto; e si guardò intorno, smarrito; guardò su nel vano immoto dell’aria, ed ebbe un senso di stupore, come se, sveglio, fosse entrato in un sogno. Come sfavillavano le stelle! Sentì schiudere la vetrata del balconcino. Celsina s’affacciò.

— Addio. Ricòrdati.

— Sì. Addio!

Era già lontana; lontana la voce, lontana la figura; e quella casetta, su la cui facciata chiara in mezzo al Piano umido e nero si rifletteva la luna, e quel Piano stesso, il chioccolio della fontanella, e quelle anguste viuzze storte, nere, tutto il paese silente nella notte, alto sul colle, sotto le stelle, ogni cosa gli parve come lontana ormai; gli parve come se egli da lontano, con tristezza infinita, con infinita angoscia contemplasse la propria vita che rimaneva lì, strappata da lui.