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Le nottole del viale.
Quando dalla Badia Grande gli amici scesero alla via Atenea, si trovarono presi in mezzo a una fiumana di popolo che esaltava la proclamazione d’Ignazio Capolino.
La carrozza del canonico Agrò si dovette arrestare. Il vecchio servo-cocchiere dalle zampe sbieche faceva schioccar la frusta: — Ohi, favorì! Ohi, favorì! — Poteva mai figurarsi che si dovesse mancar di rispetto al suo padrone, o che questi dovesse aver paura? E, tra il clamore e la confusione, non udiva la voce del Canonico che gli gridava:
— Indietro, Cola! indietro! Per la via del Purgatorio!
Un fischio, e due, e tre... Figli di cane! Ma Capolino era ancora a letto, convalescente ne la villa del Principe di Laurentano, a Colimbètra, e la dimostrazione di giubilo, per darsi uno sfogo diretto, fu proprio tentata di cangiarsi lì per lì in dimostrazione di protesta contro il canonico Agrò. Per fortuna, i caporioni riuscirono a stornar la bufera che stava per rovesciarsi su la carrozza mal capitata, non per riguardo a Pompeo Agrò, che non ne meritava alcuno; ma all’abito, ecco, all’abito ch’egli indossava indegnamente. Qualche fischio sì, passando, non sarebbe stato sprecato; poi via, via, alla Passeggiata, sotto la villa di Flaminio Salvo!
— Viva Ignazio Capolinòòò!
— Vivààà!
— Viva il nostro nuovo deputatòòò!
— Vivààà!