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la commozione crescente nel rievocare gli antichi ricordi della gioventù, cominciava a scomporsi in loro la compagine della coscienza presente, ed essi, con una specie di turbamento segreto, che li inteneriva, avvertivano che non soltanto loro, quali erano adesso, vivevano entro di sè medesimi; ma anche essi, quali erano stati tanti e tant’anni addietro, vivevano tuttora e sentivano e ragionavano con quegli stessi pensieri, con quegli stessi sentimenti, che già da un lungo oblio credevano oscurati, cancellati, spenti. Si dimostrava vivo in quel momento in ciascuno di loro un altro essere insospettato, quello che ognun d’essi era stato trenta anni fa, tal quale; ma così vivo, così presente, che, nel guardarsi, provavano una strana impressione, triste e ridicola insieme, dei loro aspetti presenti, che quasi quasi a loro medesimi non sembravano veri. Era presente, proprio presente, vivo e in atto dentro ciascuno di loro il passato; e il presente quasi non esisteva più.
Di tratto in tratto, però, entrava nel salotto Antonio Del Re, che li vedeva vecchi, com’erano, e che, stando un pezzo a udire i loro discorsi, provava una tristezza infinita, la tristezza che si prova nel veder nei vecchi, che per un tratto si dimenticano d’esser tali, ancora verdi certe passioni per cose, per persone, che sono morte per noi o appassite: passioni che hanno radici in un terreno che noi ignoriamo, che non è più il nostro, che fu dei vecchi, e che noi abbiamo oltrepassato col nostro cammino, trascinandoci appresso quei loro corpi cadenti, non l’anima: l’anima loro è rimasta là, indietro.
— Ci oravamo trattenuti a San Gerlando, — raccontava Marco Sala, — a giocare, fin presso la mezzanotte, in casa di Giacinto Lumia, buon’anima.