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bisogno istintivo, prepotente, irresistibile di liberarsene al più presto, mandando a monte, senz’altro, quel disegno che ora, in atto, gli appariva così odiosamente minore dell’idea che se n’era formata, e il pensiero della difficoltà gravissima dopo quella prima compromissione, e il puntiglio inoltre, segreto e acerbo, contro il figliuolo lontano, a cui gli pareva di darla vinta, dopo che s’era abbassato fin quasi a chiedergli il permesso di quelle nozze. Gli bolliva dentro, infine, acerrima la stizza contro Monsignore che così ingannevolmente gli aveva dipinto la sposa: — briosetta, gran cuore, indole aperta, sincera, vivace, remissiva.... — Che dirle intanto? da che rifarsi a parlarle?
Per fortuna sopravvenne capitan Sciaralla ad annunziargli, su l’attenti, che il Mortara era venuto su dal “vallone„.
— E dov’è? — domandò il Principe aspramente. — Digli che venga qua.
— Mauro? — domandò don Cosmo. — Eh no, lascialo stare, poveretto.... Sai com’è....
— Ah, quello che chiamano il Monaco? — esclamò donna Adelaide. — Andiamo a vederlo, andiamo subito, Principe, per favore!
— No, zia! — pregò Dianella, che si pentiva d’avere indicato il nascondiglio... — Lo faremmo soffrire....
— Ma è proprio così orso? — disse, stupita, donna Adelaide.
— Orsissimo! — confermò don Cosmo.
— Figurarsi, — soggiunse Flaminio Salvo, — che, dopo tanti giorni, non ho potuto ancora vederlo....
E Nicoletta domandò:
— È vero che ha una pelle di capro in testa e va armato fino ai denti?