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A un tratto, facondo uno sforzo, alzò le braccia, si provò a sollevare e a scuotere il capo, come soffocata, sbuffò: — Ufff, e basta ora! — e si voltò sorridente.

Vennero nel terrazzo due camerieri in livrea con grandi vassoi pieni di tazze e di paste. Dopo la colazione. Monsignor Montoro prese la parola per dichiarare con un forbito sermoncino (che pur voleva aver l’aria d’essere improvvisato lì per lì, alla buona) la promessa formale delle prossime nozze, ed esaltò naturalmente i bei tempi, in cui alla società degli uomini bastava d’intendersi solamente con Dio per il vincolo matrimoniale, che soltanto la religione può render sacro e nobile, laddove la legge umana e così detta civile lo avvilisce e quasi lo abietta....

Tutti ascoltavano a occhi bassi, religiosamente, le parole dipinte del vescovo. Solo don Cosmo teneva le ciglia aggrottate e gli occhi serrati, come se in qualcuna di quelle parole volesse trovar l’appiglio per una discussione filosofica. Don Ippolito, nel vederlo in quell’atteggiamento, se ne impensierì sul serio. Flaminio Salvo, dal canto suo, con quella lettera da Roma attraverso all’anima, pensava che eran belle e buone, sì, quelle considerazioni del vescovo, ma che intanto il signor figlio del Principe faceva orecchie da mercante, e che non si stava ai patti, e che la sorella senz’alcuna garanzia si lasciava andare a quella prima compromissione. Per donna Adelaide quell’orazioncina era come una funzione sacra, quasi come sentir messa: una formalità, insomma. Tutta una commedia, invece, non molto divertente in quel punto era per Nicoletta Capolino, e nauseosa per Dianella che guardava costei e chiaramente le leggeva in fronte ciò che pensava.

S’era levata una brezzolina dal mare, e la tenda