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— E guardi poi chi lo dice, Monsignore! esclamò il Principe. — Non so che pagherei per assistere, non visto, alle scene che debbono avvenire qua fra tutti e due, quando son soli....
Don Cosmo approvò col capo ed emise il suo solito riso di tre oh! oh! oh!
— Dev’essere uno spasso! — aggiunse don Ippolito.
Dianella guardava con piacere, con indefinibile soddisfazione quel vecchio, a cui la virile bellezza la composta vigoria, la sicura padronanza di sè davano una nobiltà così altera e così serena a un tempo; indovinava il tratto squisito ch’egli doveva avere senza il minimo studio e però senz’ombra d affettazione, e soffriva nel porgli accanto col pensiero sua zia Adelaide di così diverrà, anzi opposta natura: ridanciana, scoppiante e rumorosa. Che impressione ne avrebbe egli ricevuta tra poco?
Si mossero tutti dal terrazzo e tutti, tranne Monsignore e 11 suo segretario, che rimasero sul pianerottolo innanzi alla porta, scesero a piò della scala quando i sonaglioli d’argento annunziarono per il viale la vettura di Flaminio Salvo.
Don Ippolito si fece avanti per ajutar le signore a smontare, e sorprese la sposa nell’atto di sbuffare un Eccoci qua! con le braccia protese verso il cielo della carrozza, come per spiccarsele. Egli finse di non accorgersi di quell’atto sguajato, facendo più profondo l’inchino, poi le baciò la mano; la baciò a donna Nicoletta Capolino, e strinse vigorosamente quella di Flaminio Salvo, mentre le due signore abbracciavano festosamente Dianella, e don Cosmo restava impacciato, non sapendo se e come farsi avanti.
Capitan Sciaralla su la giumenta bianca pareva