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Dianella gli rispose con un gesto sconsolato delle braccia, impallidendo e guardandolo negli occhi amaramente.

— Che pena! — sospirò Monsignore, andando a sedere nel terrazzo già addobbato. — Ma calma, eh, almeno?

— Non si sente! — esclamò donna Sara.

— E seguita a pregare, è vero? — aggiunse il Vescovo.

— Sempre, — rispose Dianella.

— Consolante per voi, — osservò Monsignore, tentennando lievemente il capo, con gli occhi globulenti socchiusi, — che nel bujo della mente, soltanto il lume della fede le sia rimasto acceso.... Divina misericordia....

— Perdere la ragione!... — mormorò don Cosmo.

Monsignore si voltò a guardarlo, piccato. Ma don Cosmo, assorto, non lo vide: pensava per conto suo.

— Dico serbar la fede, pur avendo perduto la ragione, — spiegò Monsignore.

— Sì, sì! — sospirò don Cosmo, riscotendosi. — Ma difficile è il contrario, Monsignore mio!

— Credo che non sia prudente, è vero, farmi vedere da lei? — domandò il Vescovo, rivolgendosi a Dianella, come se non avesse inteso le parole di don Cosmo. — Lasciamola, lasciamola tranquilla.... Con te, — soggiunse poi, piano e con un benevolo sorriso a don Cosmo, — vorrei pur riprendere le fervide discussioni nostre d’un tempo, ma non ora e non qui.... Se tu volessi venire a trovarmi....

— Discutere? Stolido perfetto! — esclamò don Cosmo. — Sono diventato stolido perfetto, caro Montoro mio.... Non connetto più! Se uno mi dice che due e due fanno sei e un altro mi dice che fanno tre....