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— Forse.... sì, — sospirò don Cosmo. — Ma chi li conta più, Montoro mio? So che n’ho molti dietro; pochi, davanti: e quelli mi pesano, e questi mi pajono enormemente lunghi.... Non so altro....

Dianella Salvo, guardando Don Cosmo, aveva atteggiato involontariamente il volto di riso nel vedergli addosso quell’antica napoleona che gli serrava le spalle e le braccia. Sorrideva sotto il naso anche il giovine e pallido prete; e gli otto uomini di guardia, postati e impalati a piè della scala, miravano il fratello del Principe loro padrone, a quel solenne ricevimento, tra afflitti e mortificati. Donna Sara Alàimo s’era accomodati alla bell’e meglio i capelli sotto la cuffia ed era scesa a baciar la mano ai vescovo, piegando un ginocchio fino a terra; erano scese con lei le due cameriere insieme col cuoco e il servitore, e s’era accostata anche la moglie del curàtolo Vanni di Ninfa coi tre marmocchi sbracati, dalle zampe a roncolo. Monsignore tendeva la mano al bacio e sorrideva a tutti, chinando il capo. Poi presentò il segretario a don Cosmo e, salendo la scala de la villa, parlò della visita che aveva fatto testè, di passata, alla chiesuola della Seta, e della festa che gli avevano fatta tutti gli abitanti di quel casale.

— Che buona gente.... che buona gente....

Ei domandò a Dianella e a donna Sara se la domenica andavano a messa lì, a quella chiesuola.

— So che ci viene apposta un sacerdote da Porto Empedocle, e che quei buoni borghigiani raccolgono l’obolo dai viandanti tutta la settimana, per lo stradone....

Entrando ne la villa, si rivolse a Dianella e le domandò:

— La mamma?