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che non toccasse a lui d’accoglierlo e di tenergli compagnia fino all’arrivo degli altri ospiti. Gli seccavano anche questi, gli seccava enormemente tutta quella pagliacciata pomposa; ma più di tutto e di tutti la vista di Monsignor Vescovo, di quell’alta) rappresentante d’un mondo da cui egli s’era allontanato dopo tanto strazio, urtato specialmente dall’ipocrisia di tanti altri suoi compagni, i quali, pur assaliti in segreto da’ suoi stessi dubbii, vi erano rimasti. E Monsignor Montoro era appunto fra questi. Ora si faceva baciar la mano, colui, e aveva la cura suprema delle anime di un’intera diocesi. Le illusioni incoscienti, le finzioni spontanee e necessarie dell’anima, don Cosmo, sì, le scusava e le commiserava e compativa; ma le finzioni coscienti, no, segnatamente in quell’ufficio supremo, in quel ministero della vita e della morte.
— Oh bello! oh bene! — diceva intanto Monsignore, molle molle, smontato dalla vettura e guardando la campagna intorno, tra Dianella Salvo e il suo segretario, giovane prete, lungo, smilzo, pallidissimo, dagli occhi profondi e intelligenti. — Col mare vicino.... oh bello!... oh bene!... e la valle.... e la valle.... e che....
S’interruppe, vedendo don Cosmo scender la scala de la vecchia villa infronzolata.
— Oh eccolo! Caro mio don Cosmo....
— Monsignore, riveritissimo, — disse questi, inchinandosi goffamente.
— Caro.... caro.... — ripetè Monsignore, quasi abbracciandolo e battendogli una mano su la spalla. Da quanti mai anni non ci vediamo più.... Vecchi.... eh! vecchi.... Tu.... (ci daremo del tu, spero, come un tempo, noi due) tu devi avere, se non sbaglio, qualche annetto più di me....