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dola a sua volta con fermezza. — Attendiamo per ora a tracciare un disegno.... Se si attua....
— Rimarrà qui?
— Ci sarà bisogno d’un direttore....
Nicoletta rimase un po’ a guardarlo, sopra pensiero: poi, rialzandosi lievemente con una mano i capelli su la fronte:
— Lei studiò a Parigi, è vero?
— Sì, — rispose egli, reciso, sentendo il profumo inebbriante che ella esalava dalla procacissima persona.
— Parigi! — esclamò Nicoletta Capolino, levando il mento e socchiudendo gli occhi. — Ci sono stata, nel mio viaggio di nozze.... Che turbine, è vero? turbine di splendori.... E dica un po’, volendo, adesso, lei non potrebbe più ritornare ingegnere governativo?
Aurelio la guardò, stordito da questa subitanea diversione. Aggrottò le ciglia; rispose:
— Non so. Non credo. Ma non tenterei neppure. Ritornerei per mio conto in Sardegna. Sono qua per fare un piacere al signor Salvo. Non perderei nulla, andandomene.
— Oh, lo so! — disse subito ella. — Co’ suoi meriti.... Volevo dir questo appunto! E il signor Salvo certamente non se lo lascerà scappare, se ha in mente, come lei dice, un disegno....
Strizzò un po’ gli occhi, e portò un dito alle labbra, stette un po’ assorta e riprese con altro tono di voce:
— Eppure io mi ricordo bene di lei, sa?, di quando lei era qua, ancora studente.... giovanottino.... sì! me ne ricordo benissimo ora....
Aurelio fece un violento sforzo su sè stesso per resistere al turbamento, all’urto, che le parole di