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— Non ha un figliuolo, lei? E l’obbligo, dunque, di vivere per lui, di amar la vita per lui.... no? Che so io.... forse manifesto un po’ troppo vivacemente quel che penso, vedendo qua tutta questa tetraggine, che non mi par ragionevole, ecco! Che ne dice lei, signora Anna?

Ella s’era di nuovo invermigliata, s’era penosamente costretta a non abbassar gli occhi, e con la vista intorbidata e un sorriso nervoso su le labbra, stringendosi un po’ ne le spalle, aveva risposto, alludendo al figlio:

— È giovane, lui.... La vita, può farsela da sè....

— Ma lei, dunque.... è vecchia, lei?

Con quest’ultima domanda, quasi involontaria, s’era chiusa quella prima conversazione. Ora Corrado Slmi rientrava in casa di Roberto, esilarato di quanto aveva veduto ne la villa di Colimbètra. Tutti quei fantocci là con la divisa borbonica, che gli avevano presentato le armi! Roba da matti! Ma che splendore, quella villa! Il Principe — no — non s’era fatto vedere. Che peccato! Avrebbe tanto desiderato di conoscerlo... Ecco là uno, che s’era fissato anche lui, ne’ suoi affetti, in un tempo oltrepassato.... — ma pur seguitava a vivere, quello, fuori del tempo, fuori della vita.... in un modo curiosissimo, che bellezza! protendendo da quel suo tempo certe immagini di vita, che per forza, nella realtà dell’oggi, dovevano apparire inconsistenti, maschere, giocattoli, tutti quei fantocci là.... che bellezza!

— Ma pure quei fantocci là, caro Selmi, che vi hanno fatto ridere, — gli disse donna Caterina, — nelle elezioni di domani, qua, vinceranno voi, il vostro amico Roberto, il signor Prefetto, il vostro Governo e tutti quanti.... Ridete ancora, se vi riesce. Ombre? Ma siamo noi, le ombre!