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la gota destra, con pochi peli ispidi, biondicci sul labbro e sul mento; gli guardò il vecchio cappelluccio stinto e roccioso, che non arrivava a nascondergli la laida calvizie precoce; notò che calvo era anche di ciglia; ma non potè sostenere lo sguardo di quegli occhi chiari, verdastri, impudenti, in cui tutti i vizii parea vermicassero. Cacciato dalla scuola militare di Modena, il Préola era stato a Roma circa un anno nella redazione d’un giornalucolo di ricattatori; scontata una condanna di otto mesi di carcere, aveva tentato d’uccidersi buttandosi giù da un ponte nel Tevere; salvato per miracolo, era stato rimpatriato dalla questura, e ora viveva a le spalle del padre, a Girgenti.

— Che hai fatto? — gli domandò Sciaralla.

Il Préola si guardò l’abito addosso, e con un ghigno frigido rispose:

— Niente. Mi sono un po’.... imporchettato.

Fece un gesto con le mani, per significare che s’era voltolato per terra, e aggiunse:

— Un insultino....

All’improvviso, cangiando aria e tono, ghermendogli un braccio:

— Qua la lettera, — gli gridò.

— So che l’hai!

— Sei matto? — esclamò Sciaralla con un soprassalto, tirandosi indietro.

Il Préola scoppiò a ridere sguajatamente, poi gli disse:

— Cavala fuori: la annuso soltanto. Voglio sentire se fa odor di confetti. Animale, non sai che il tuo padrone sposa?

Sciaralla lo guardò, intronato.

— Il Principe?

— Sua Eccellenza, già! Non credi? Scommetto che la lettera parla dì questo. Il principe annunzia

Pirandello. I vecchi e i giovani - I. 2