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sere difficoltà per un uomo come lui, sempre pronto a tutto. Non andava incontro alla vita; si faceva innanzi, e passava. Passava, disarmando tutti con la sicurezza convinta, gaja e tranquilla: d’ogni principio astratto, d’ogni retorica ostentazione, la rigida virtù dei Catoni; d’ogni scrupolo di pudore, l’onestà delle donne.

Arrestarsi per un momento, in questa corsa della vita, per giudicar fra sè se fosse bene o male ciò che aveva fatto pur dianzi? Eh via! Non bisognava dar tempo al giudizio, come nè peso ai proprii atti. Oggi, male; bene, domani. Inutile richiamarlo indietro a considerare il mal fatto; scrollava le spalle, sorrideva e avanti. Doveva andare avanti lui, a ogni modo, per ogni via, senza mai indugiarsi, lasciandosi purificare dall’attività incessante e dall’amore per la vita e rimanendo sempre àlacre e schietto, largo di favori a tutti, con tutti alla mano.

La via era per lui, insomma, piena di ganci che lo tiravano di qua e di là. Fermarlo a uno solo, sospenderlo a esso per giudicarlo, sarebbe stata una ingiustizia feroce.

Ora Corrado Selmi temeva che la minaccia d’una tale ingiustizia gli stesse sopra: che lo si volesse cioè agganciare pei molti debiti, ch’era stato costretto a contrarre, per le molte cambiali che aveva in sofferenza presso una delle primarie Banche, di cui già si cominciavano a denunziare le magagne. Forse all’apertura della nuova Camera lo scandalo sarebbe scoppiato. Prevedeva lo spettacolo che avrebbero offerto tutti i gelosi irsuti guardiani dell’onestà, a cui il timore di commettere qualche atto men che corretto aveva sempre impedito di far qualche cosa, oltre alle insulse chiacchiere retoriche; egoisti meschini e miopi, diligenti coltivatori dell’arido giardi-