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voro abbondava; ma lavoravano senz’amore, svogliate, specialmente le due ultime, perchè non rassegnate, dopo quella sciagura, alla rinunzia di ogni speranza e di ogni desiderio. Nel vederle acconciare e rabbellirsi ogni mattina, si sentivano stringere il cuore, intendendo che non si acconciavano, non si facevano belle per speranze e desiderii onesti: dovevano sapere anch’esse purtroppo che nessuno, onestamente, avrebbe voluto mettersi con loro ormai. E da un giorno all’altro s’aspettavano che Tina e Lilla, con tutti quei giovanotti lì sempre tra i piedi, avrebbero finito come Rita. Ma avessero trovato almeno un buon giovine, come Luca! Poteva cader peggio Rita.... Perchè, in fondo, sì, dovevano riconoscere che Luca era buono. Solo non potevano passargli l’ostinazione di non regolare innanzi alla legge e all’altare la sua unione con Rita. Era così buono con tutti, e amava tanto il bambino e non pesava nulla in casa. Certo, se non si fosse fatti tanti nemici per quelle sue idee, e non fosse stato così disgraziato, avrebbe potuto recar molto ajuto alla famiglia, che, quanto a lavorare, lavorava sempre e doveva esser dotto davvero, a giudicare dai tanti libri che aveva letti e leggeva!
Un po’ di questo rispetto imposto dall’ingegno e dalla dottrina, Mita e Annicchia lo estendevano anche a Celsina, che abbagliava tutti. Non osavano giudicarla, Celsina, perchè veramente pareva loro, per tante prove, fuori dell’ordinario, e riconoscevano col padre che, in altro luogo, in altre condizioni, ella avrebbe fatto davvero chi sa che spicco! La vedevano piena di sprezzo per gli uomini — e questo per un verso le rassicurava. — Ah, gli uomini ella era andata a sfidarli là, nelle loro stesse scuole; e tutti li aveva superati! Veramente, quella sfida non