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sta, ragazzetti allora con la vestina fino al ginocchio, s’era presentata allo scuole tecniche maschili. E Celsina, pure corteggiata da tutti i compagni, aveva risposto all’amore di lui, prima in segreto, poi lasciandolo intravedere agli altri, dichiarandosi infine apertamente, e sfidando la baja dei disillusi. Non s’era chiusa però nel suo amore, non s’era accostata e stretta a lui, com’egli avrebbe voluto: era rimasta lì, in mezzo a tutti, col cuore aperto, la mente qua e là, prodiga di parole, di sguardi è di sorrisi, inebriata dei suoi trionfi, della sua gloriola di ribelle a tutti i pregiudizii, conscia del suo valore e smaniosa di farsi notare, ammirare, applaudire. Più ella gli appariva così, e più Antonio riconosceva che non avrebbe dovuto amarla, non solo perchè così non era secondo il sentimento suo, ma anche perchè, pensando alla madre e alla nonna, comprendeva che l’una ne avrebbe avuto orrore, e l’altra l’avrebbe stimata una fraschetta sciocca. Eppure, no: non era nè cattiva nè sciocca Celsina, egli lo sapeva bene; e anzi, se avesse dovuto ascoltar la voce più intima e profonda della sua coscienza, voce soffocata dal rispetto, dalla suggezione, dall’amore, anzichè la ribellione aperta di Celsina, egli avrebbe condannato la fierezza troppo chiusa della nonna, la rassegnazione troppo ligia della madre.
— Don Ninì, — chiamò con dolce voce Mita. — Volete venire un po’ qua?
Antonio si scosse, le s’accostò; ma nel vederle sollevare il capo di biancheria ch’ella stava a cucire come per prendergli una misura, si trasse subito indietro, urtato, scrollandosi tutto.
— No!... no, adesso....
— Caro don Ninì, — sospirò Mita. — Pazienza ci vuole! Bisogna far presto.... Voi partite.... Beato voi!