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Povero Luca, che supplizio! Sarebbe stato meno da compiangere, se cieco. Oratore nato, nato per arringar le folle, vero tipo dell’uomo pubblico, tutto per gli altri, niente per sè — bollato nella lingua dal destino buffone! Scriveva, si sfogava a scrivere, e schizzava fuoco dalla penna, schegge d’inferno; poi s’arrabbiava, poveretto, si mangiava le dita, mugolava, quando sentiva leggere la roba sua senza il giusto tono, il giusto rilievo, la fiamma ch’egli ci aveva messo dentro. Nessuno lo contentava, neanche Celsina, quella tra le figliuole del Pigna, che sola, tutta accesa delle nuove ideo, se n’era fatto un culto, un vero culto. Anche Rita, sì, un poco, prima che le nascesse il bambino.... Ma che cos’era Rita di fronte a Celsina?

Altra spina, altra spina, questa, che faceva sanguinare il cuore di Nocio Pigna: non poter mandare all’Università questa figliuola, che aveva proso la licenza d’onore all’Istituto Tecnico, sbalordendo tutti, preside, professori e condiscepoli. A tanti scemi, figli di ricchi signori, la via aperta e piana; a Celsina, troncata ogni via; condannata Celsina a funghir lì, in quel paese marcio, d’ignoranti. Ecco la giustizia sociale!

Intanto, quella sera, vigilia delle elezioni, ella avrebbe fatto la sua prima comparsa in pubblico: avrebbe tenuto una conferenza nella sede del Fascio. Era in giro dalla mattina Nocio Pigna per questo solenne avvenimento.

Mancavano le seggiole.

Se ogni socio si fosse portata la sua con sè, e l’avesse poi lasciata lì.... Per ora, egli non pretendeva neppure che pagassero con la dovuta puntualità la misera quota settimanale. Ma avessero almeno regalato una seggiola, santo Dio, da servire per loro stessi! Niente....