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Il rosso, il rosso del gonfalone e delle fasce aveva urtato sopratutto il signor commissario. Eh già, come i tori, la sbirraglia davanti al rosso perdeva il lume degli occhi....
Ma non s’era mica infuriato il cavalier Franco: polizia polita, almeno nelle apparenze, la sua. Voleva soltanto sapere perchè rosso, ecco, quando c’erano tant’altri bei colori: arancione, color pisello.... E un’altra cosa aveva voluto sapere: perchè proprio loro due, Lizio e Pigna, s’erano messi a quell’impresa. Che se n’aspettavano? che ne speravano? un seggio al Consiglio comunale, o anche più su, al Parlamento? Niente di tutto questo? E allora, perchè? per disinteressata carità di prossimo? per giustizia sociale? Belle parole. Sì, bontà sua, riconosceva anche lui ch’era veramente iniqua la condizione dei lavoratori della terra. Ma si era poi certi di render loro un servizio rialzandoli da quella condizione? Chi sta al bujo non spende per il lume; e il lume costa, e fa veder certe cose che prima non si vedevano; e più se ne vedono e più se ne vogliono, signori miei! Ora, in che consiste la vera ricchezza, la vera felicità? Nell’aver pochi bisogni. E dunque.... e dunque.... — In somma, uno squarcio di filosofia, e questa conclusione:
— Cari signori, io non vi faccio arrestare, neanche se voi voleste. Voi dite che l’urto avverrà per forza, se non migliora la sorte dei vostri protetti? Bene. Io vi prego di ricordarvi della brocca che tanto andò al pozzo.... E non aggiungo altro!
Era rimasto un po’ tra indispettito e sconcertato il cavalier Franco dal silenzio di Luca; parlando, s’era rivolto sempre a lui, e a stento aveva nascosto la stizza nel sentirsi invece rispondere dal Pigna. Ma avrebbe potuto dirgli, questi, la ragione di quel silenzio?