Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
sarebbe bastato. Si aspettava di giorno in giorno la risposta, la quale forse tardava per il dispiacere che quel buffo matrimonio del padre doveva cagionare al giovine Principe.
Intanto lui, Nocio Pigna, non perdeva tempo e non s’avviliva tra gli ostacoli. Comprendeva che sarebbe stata ingenuità far troppo assegnamento su quelle maestranze: in un paese morto come Girgenti privo d’ogni industria, ove da anni non si fabbricavan più case e tutto deperiva in lento e silenzioso abbandono; ove non solo non si cercavan mai svaghi costosi, ma ciascuno si sforzava di restringere i più modesti bisogni; muratori e fabbri-ferrai sarti e calzolai dipendevan troppo dai pochi così detti signori; e il segreto malcontento non avrebbe trovato certo in loro il coraggio d’affermarsi apertamente, all’occasione. Domani avrebbero votato tutti per quel farabutto di Capolino, a un cenno di don Flaminio Salvo. Ma pure, entrando, iscrivendosi al Partito, gli operai potevan servire d’esempio ai contadini; tirarseli dietro, ecco. Come le pecore — questi poveretti! — Pecore però, che sapevan la crudeltà delle mani rapaci che le tosavano e le mungevano pecore che, se riuscivano ad acquistar coscienza de’ loro diritti, a compenetrarsi minimamente di quella famosa “virtù della loro forza„, sarebbero diventati lupi in un punto.
Parte di essi, intanto, dimorava sparsa nelle campagne e non saliva alla città, alta sul colle, se non le domeniche e le feste. Quelli tra loro che si chiamavano garzoni, i meno imbalorditi dalla miseria perchè riscotevano per tutto l’anno un meschino salano temevan troppo i castaldi, o curàtoli o soprastanti, feroci aguzzini a servizio dei padroni. Restavano i braccianti a giornata, quelli che, dopo sedici