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pelli! Sciabole, sangue — lui che era una damigella, un San Luigi col giglio in mano. Sarebbe svenuto certamente, assistendo allo scontro! Che idea, quel Capolino, andare a scegliere proprio Ninì, come se non ci fossero stati altri più adatti in paese! Ma forse lo aveva scelto il D’Ambrosio, apposta, per una bravata.
Ninì ignorava ancora il rifiuto reciso opposto dal Salvo alla domanda di nozze che — costretto dal fratello Vincente — gli aveva fatto rivolgere da Monsignor Montoro. Il Capolino lo aveva forzato ad accettar quell’ufficio per lui terribile di secondo testimonio al duello, dandogli a intendere che il Salvo lo avrebbe molto gradito. Perbacco, doveva sì o no sfatare una buona volta la fama di pudica, feminea timidezza che s’era fatta in paese? Uomo! uomo! bisognava che si dimostrasse uomo! Del resto, pancia e presenza: non si voleva altro da lui. Che pancia? Dove aveva la pancia Ninì? Pino e diritto come un bastoncino.... Via, era un modo di dire, pancia e presenza. Composto, elegantissimo come un vero zerbinotto di Parigi, avrebbe fatto uria splendida figura.
Tutti e quattro i padrini si erano recati nella mattinata a la villa del Principe di Laurentano, a Colimbètra, dove il duello avrebbe avuto luogo, per i concerti opportuni e la scelta del terreno. Nessuno lì si sarebbe attentato di disturbare lo scontro. Il Principe, la mattina seguente, si sarebbe recato a Valsanìa per la presentazione con la sposa, com’era già convenuto; subito dopo la partenza del Principe, si sarebbe fatto il duello.
Gli sfaccendati peripatetici assistettero dal viale della Passeggiata al ritorno in carrozza dei quattro padrini da Colimbètra.