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Capitolo Sesto.
In guardia.
Nè inviti agli elettori stampati a caratteri cubitali su carta d’ogni colore, nè alcuna animazione insolita per le vie tortuose della vecchia città. Eppure il giorno fissato per le elezioni politiche era imminente.
Ma il tedio da gran tempo aveva soffiato in bocca alla ciarlataneria, e questa aveva perduto la voce. La scala per dar l’assalto ai muri, alle cantonate, le si era imporrita, rotto il pentolino della colla.
S’era camuffata decorosamente da prete la ciarlataneria e, raccolta, guardinga, a collo torto, andava per via, nascondendo tra le pieghe del tabarro il mazzocchio della grancassa cangiato in aspersorio.
I cittadini, sotto a quel travestimento, la riconoscevano bene: la lasciavano andare e fare; la rispettavano anche; oh, perchè non seccava nemmeno con troppe prediche; prestava danaro poi, sottomano a usura, ma ne prestava; pubblicamente, con molti carati del Salvo e con altri di socii minori, aveva aperto una banca popolare cattolica — all’interesse consentito da santa madre chiesa.
I pubblici uffici, prefettura, intendenza delle finanze,