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Tra quei grilli e quegli alberi e quella luna e quei monti non era forse un concerto misterioso, a cui gli uomini restavano estranei? Tanta bellezza non era fatta per gli uomini, che chiudevano stanchi, a quell’ora, gli occhi al sonno; sarebbe durata tutta la notte non veduta più da alcuno, nella solitudine della campagna, quando anch’ella avrebbe chiuso la finestra. Forse voleva questo la nottola invisibile, che strideva svolando lì innanzi, offesa e attratta dal lume: voleva ch’ella non disturbasse più oltre con la sua veglia il notturno misterioso concerto della natura solitaria?
E Dianella chiuse la finestra: lasciò aperto appena appena uno scuro e, attraverso quello spiraglio, con le mani congiunte innanzi alla bocca, pregò silenziosamente per tutta quella bellezza rimasta fuori, animata a un tratto a gli occhi di lei dallo spirito di Dio, che gli uomini offendevano con le loro torbide e tristi passioni. Volgendo un ultimo sguardo al viale innanzi a la villa, scorse un’ombra che vi passeggiava, un cranio lucido sotto la luna. Don Cosmo? Lui.
Ah, immerso, là, nello spirito di Dio, egli forse non lo sentiva! Andava a quell’ora su e giù per il viale, con le mani dietro la schiena, assorto tuttavia, certo, nelle sue buje e vane meditazioni.