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micia d’albagio un grosso fazzoletto di cotone turchino, e si asciugò gli occhi, che gli s’erano veramente riempiti di lagrime.
Dianella sentì anche lei inumidirsi gli occhi. Quel vecchio che incuteva tanta paura, che aveva ucciso un uomo come niente e ne aveva fatto morire un altro per l’ombra d’un sospetto maniaco; che andava così armato, in procinto sempre di versare altro sangue, pronto com’era all’ira e irsuto e ombroso; quel vecchio, ecco, piangeva come un fanciullo per l’opera compiuta, ch’egli vedeva senza mende e gloriosa; piangeva esaltandosi nella sua gesta e nella grandezza della patria, per cui aveva tanto sofferto e combattuto, senza chieder mai nulla, generoso e feroce, fedele come un cane e coraggioso come un leone. Nè i suoi colombi, nè la pace dei campi, nè il governo della vigna, nè il canto delle allodole, riuscivano a rasserenargli lo spirito dopo tanto tempo: quel camerone era come la sua chiesa; e usciva di là com’ebbro, e s’aggirava per la campagna sotto i mandorli e gli olivi, parlando tra sè di battaglie e di congiure, guardando biecamente il mare dalla parte di Tunisi, donde immaginava un improvviso assalto dei Francesi...
Un romor di sonaglioli e il rotolìo d’una vettura vennero a un tratto a scuotere Dianella da queste considerazioni e Mauro dal pianto.
— Vostro padre? — domandò questi, infoscandosi d’un subito e ricacciandosi nell’apertura della camicia il fazzoletto.
Dianella si levò, costernata, e corse alla finestra a guardare attraverso le stecche delle persiane. Restò. Dalla vettura, che s’era fermata davanti a la