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— Leopardo, — disse Mauro.

— Bello!

E Dianella abbassò una mano a carezzare quel pelame variegato; ma subito la ritrasse tutta impolverata, e notò che alla belva mancava uno degli occhi di vetro, il sinistro.

— Un altro, compagno a questo, — riprese Mauro — l’ho regalato al Museo dell’Istituto, a Girgenti. Non l’avete mai veduto? C’è una vetrina mia, nel Museo. Accanto al leopardo, una jena, bella grossa, e, sopra un’aquila imperiale. Su la vetrina sta scritto: Cacciati, imbalsamati e donati da Mauro Mortara. Gnorsì. Ma venite qua, prima. Voglio farvi vedere un’altra cosa.

La condusse davanti al vecchio divano sgangherato.

Appese alla parete, sopra il divano, eran quattro medaglie, due d’argento, due di bronzo, fisse in una targhetta di velluto rosso ragnato e scolorito. Sopra la targhetta era una lettera, chiusa in cornice, scritta di minutissimo carattere in un foglietto cilestrino, sbiadito.

— Ah, le medaglie! — esclamò Dianella.

— No, — disse Mauro, turbato, con gli occhi chiusi. — La lettera. Leggete la lettera.

Dianella s’accostò di più al divano e lesse prima la firma: — Gerlando Laurentano.

— Del Generale?

Mauro, ancora con gli occhi chiusi, accenno di sì col capo, gravemente.

E Dianella lesse:

Burmula, li 22 dicembre del 1852.

Amici,

Le notizie di Francia, il colpo di Stato di Luigi Napoleone recheranno certamente una grave e lunga sosta al momento per la nostra santa causa e ri-