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bellati i solfarai. Bisognerà mandarci soldati e carabinieri.

— Piombo! piombo! — approvò Mauro subito, scotendo energicamente il capo. — Sbirro, vi giuro, andrei a farmi, vecchio come sono!

— Forse.... — si provò a dire Dianella.

Ma il Mortara la interruppe con una sua abituale esclamazione:

— Oh Marasantissima, lasciatevi servire!

Non ammetteva repliche. Mauro Mortara. Nelle sue perpetue ruminazioni vagabonde tra la solitudine della campagna, egli si era a modo suo sistemato il suo mondo, e ci camminava dentro, sicuro, da padreterno, lisciandosi la lunga barba bianca e sorridendo con gli occhi alle spiegazioni soddisfacenti, che aveva saputo darsi d’ogni cosa. Tutto ciò che accadeva, doveva rientrar nelle regole di quel suo mondo. Se qualche cosa non poteva entrarci, egli la tagliava fuori, senz’altro, o fingeva di non accorgersene. Guaj a contraddirlo!

— Oh Marasantissima, lasciatevi servire! Che pretendono? Voglio sapere che pretendono! Si ragiona o non si ragiona? Il governo che cos’è? Il governo è il governo! E tutti dobbiamo ubbidire, dal primo all’ultimo, tutti, e ognuno al suo posto, e guardare alla comunità! Perchè questi pezzi di galera, figli di cane ingrati e sconoscenti, debbono guastare a noi vecchi la soddisfazione di vedere questa comunità, l’Italia, divenuta per opera nostra potenza di prim’ordine? Di prim’ordine, vi dico! Che ne sanno essi che cos’era prima l’Italia? Hanno trovato la tavola apparecchiata, la pappa scodellata, e ci sputano sopra, capite? Ma se ognuno dovesse pensare a sè solamente, come camminerebbe la barca? Che non si può forse salire e scendere, oggi, secondo il merito?