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ruscello si fosse raddensato in rena e in ciottoli. Ah, che sete inestinguibile le era rimasta dell’amore materno! Ma s’appressava alla madre, e questa non la riconosceva per sua figlia. Il dolore di lei così vicino e urgente non si ripercoteva per nulla in quella coscienza spenta.

— Vittoria Vivona d’Alessandria della Rocca, — diceva la madre di sè stessa, con voce che pareva arrivasse di lontano. — Bella figlia! bella figlia! Aveva una treccia di capelli che non finiva mai; tre donne gliela pettinavano.... Cantava e sonava! Sonava anche l’organo in chiesa, a Santa Maria dell’Udienza e gli angioletti stavano a sentirla, in ginocchio e a mani giunte, così.... Doveva sposare un riccone di Girgenti; le venne un mal di capo e morì....

Dianella non potè più frenare le lagrime e si mise a piangere silenziosamente, con amara voluttà in quella Solitudine. Ma il silenzio attorno era così attonito, così intenso e immemore il trasognamento della terra e di tutte le cose in essa, che a un tratto ella se ne sentì quasi assorbire, affascinata. Le parvero allora gravati da una tristezza infinita e rassegnata quegli alberi assorti nel loro sogno perenne, da cui invano il vento cercava di scuoterli. Percepì in quella intimità misteriosa e inquietante con la natura solitaria, i più lievi moti, i più lievi rumori, il brulichìo quasi indistinto delle foglie, il ronzìo degli insetti; e non sentì più di vivere per sè; visse per un istante, incosciente e pure in vigile attonimento, con la terra, come se l’anima le si fosse diffusa e confusa in tutte le cose della campagna Ah che freschezza d’infanzia nell’erbetta, che le sorgeva accanto! e come appariva rosea la sua mano sul tenero verde di quelle foglie! oh ecco un maggiolino,