Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 149 — |
sieme, i giuochi, le confidenze. E più volte, con gioja, aveva veduto colei mordersi il labbro e impallidire.
Dianella sperava che Aurelio, almeno quella volta, avesse compreso. Ella lo aveva subito scusato in cuor suo del tradimento, di cui egli non poteva aver coscienza: sì, egli non poteva pensare a lei, credeva di non poter ardire di alzar gli occhi fino a lei; ma.... intanto, ah! proprio a quella donna lì, sotto ogni riguardo indegna di lui, era andato a pensare? E il rifiuto di quella donna le era sembrato quasi un’offesa diretta anche a lei. Però, ecco, egli era stato a Parigi; la vivacità, la capricciosa disinvoltura di Nicoletta Spoto avevano forse allora un gran pregio agli occhi di lui, ricordandogli probabilmente qualche donna conosciuta colà. D’umilissimi natali, aveva creduto forse di fare un gran salto, imparentandosi con una famiglia come quella de la Spoto, ricchissima un giorno, ora decaduta, ma tuttavia tra le più cospicue del paese.
Costei ora, certo, avvalendosi del potere che aveva acquistato sul padre, si vendicava dell’affronto ricevuto quella volta. Anche lei, Dianella, aveva notato che da qualche tempo il padre non si mostrava più contento di Aurelio Costa; e che da alcune sere lì, ne la villa, parlando con don Cosmo Laurentano, insisteva su certe domande che le davano da pensare.
Ella disapprovava segretamente quelle nozze strane della zia col principe don Ippolito, ne aveva quasi onta, sospettando nel padre un pensiero nascosto: che egli cioè si volesse servire di quelle nozze non certo onorevoli per introdursi nella casa dei Laurentano e attrarre a sè a poco a poco anche le sostanze di questa. Da alcune sere, a cena, il discorso con don Cosmo cadeva, insistente, sul figlio del Principe, su Lando Laurentano che viveva a Roma. Perchè?