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Come un ruscello....
Dianella non s’affrettò quella mattina di raggiunger Mauro nella vigna. Quello sguardo acuto e duro che il padre, nell’ira, le aveva rivolto d’improvviso, mentre il Costa parlava del pericolo da cui il figlio era minacciato in Aragona, la aveva profondamente turbata; le aveva in un baleno richiamato alla memoria un altro sguardo, ch’egli le aveva rivolto tanti anni addietro, quand’era morto il fratellino e la madre era impazzita.
Aveva undici anni, lei, allora.
E più della morte del fratello, più della sciagura orrenda della madre le era rimasta indelebile nell’anima l’impressione di quello sguardo d’odio, che a lei — ragazzetta ancor quasi ignara, incerta e smarrita tra i giuochi e la pena — aveva lanciato il padre, nel cordoglio rabbioso:
— Non potevi morir tu invece? — le aveva detto chiaramente quello sguardo.
Così. Proprio così. E Dianella comprendeva bene adesso perchè il padre non avrebbe esitato un momento a dar la vita di lei in cambio di quella del fratello.
Tutte le cure e l’affetto e le carezze e i doni, di cui egli di poi l’aveva colmata, non eran valsi a scioglierle dal fondo dell’anima il gelo, in cui quello sguardo s’era quasi rappreso e indurito. Spesso se n’adontava con sè stessa, sentendo che il calore dell’affetto paterno non riusciva più a penetrare in lei, quasi respinto istintivamente da quel gelo.
Per qual ragione seguitava egli ormai a lavorare