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tare, perchè lo volle per sè, capite? per badare alle sue zolfare d’Aragona e Comitini. Noi diciamo: il poco mi basta, l’assai mi soverchia.... Accettò, ma ci scàpita, parola d’onore! E con tutto questo, ora.... ora è marionetta, l’avete inteso?... Cristo sacrato!
Leonardo Costa levò un braccio, si alzò, sbuffò per il naso, scrollando il capo, e prese dalla sedia il cappellaccio bianco. Doveva andar via subito; ma ogni qualvolta si metteva a parlare di quel suo figliuolo, lustro, colonna d’oro della sua casa, non la smetteva più.
— Bacio le mani, si-don Cosmo, mi lasci scappare. Donna Sara, servo vostro umilissimo.
— Oh, e aspettate! — esclamò questa, fingendo di ricordarsi, ora che il discorso era finito. — Un sursellino di caffè....
— No no, grazie, — si schermì il Costa. — Ho tanta fretta!
— Cinque minuti! — fece donna Sara, levando le mani a un gesto che voleva dire: “Non casca il mondo!„ E s’avviò. Ma il Costa, sedendo di nuovo, sospirò, rivolto a don Cosmo:
— C’è una mala femmina, si-don Co’, una mala femmina, che da qualche tempo a questa parte mette male tra mio figlio e don Flaminio; io lo so!
E donna Sara non potè più varcar la soglia: si voltò, strizzò gli occhi, arricciò il naso e chiese con una mossettìna del capo: — Chi è?
— Non mi fate sparlare più, donna Sara mia! — sbuffò il Costa. — Ho parlato già troppo!
Ma, tanto, donna Sara Alàimo aveva già compreso di qual mala femmina egli intendesse parlare, e uscì, esclamando con le mani per aria; — Che mondo! che mondo!