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lito cupo e fiero. — In fin dei conti, non sarà male dare una lezione a uno di costoro per abbassare a tutti la cresta. Per me, Monsignore, l’ho dichiarato alla stessa mia sorella, lotta senza ritegno!
— Ma sì! la vittoria, la vittoria è nostra senza dubbio, — concluse il vescovo.
Seguì un altro silenzio; poi Monsignore domandò riscotendosi:
— Landino? — come se per caso gli fosse venuto di far quella domanda, ch’era in fondo la vera ragione della sua visita.
Aveva architettato lui quel disegno di nozze tra donna Adelaide Salvo e don Ippolito; aveva lasciato intendere a questo, che solo per un riguardo a lui Flaminio Salvo consentiva che la sorella contraesse quel matrimonio illegittimo, almeno a giudizio della società civile; ma voleva — ed era giusto — che il figlio del primo letto riconoscesse la seconda madre, e fosse presente alla celebrazione religiosa: trattando con gentiluomini di quella sorta, questo solo atto di presenza gli sarebbe bastato per tutte le evenienze future.
Don Ippolito s’infoscò.
Dopo una lunga lotta con sè stesso, aveva scritto al figlio, che gli era cresciuto sempre lontano; prima a Palermo nella casa dei Montalto, poi a Roma; e col quale perciò non aveva alcuna confidenza Lo sapeva d’idee e di sentimenti al tutto opposti ai suoi, quantunque non fosse mai venuto con lui ad alcuna discussione. Era molto malcontento del modo con cui gli aveva comunicato la decisione di contrarre queste seconde nozze e del modo con cui gli aveva espresso il desiderio di averlo a Colimbètra per l’avvenimento. Troppe ragioni in iscusa: la solitudine, l’età, il bisogno di cure affettuose.... Gli