Pagina:I vecchi e i giovani Vol. I Pirandello.djvu/130


— 125 —

abbattuto per ingrandire il piano dalla parte che guarda il mare; e sapeva che su la vasta piazza sorge adesso un gran palazzo, destinato agli uffici della provincia e sede della Prefettura. Ma anche questa era per lui un’usurpazione indegna, perchè la prima pietra di quel palazzo era stata posta nel 1858 da un munifico vescovo, che voleva farne un grande ospizio per i poveri; onde ancora i vecchi lo chiamavano il Palazzo della Beneficenza.

Gli sarebbe piaciuto che il Duomo fosse restaurato da Monsignor Montoro, perchè le chiese.... eh, quelle non erano edifizii, che la nuova gente potesse aver piacere d’abbellire; ed eran la sola cosa, di cui egli sentisse profondo il rimpianto. Gli arrivavano lì, nel suo esilio, le voci delle campane delle chiese più vicine. Egli le riconosceva tutte, e diceva: Ecco, ora suona la Badia Grande.... ora suona San Pietro.... ora suona San Francesco....

Arrivò, anche quella sera, a rompere il lungo silenzio, in cui egli e il vescovo lì sul terrazzo eran caduti, il suono dell’avemaria dalla chiesetta di San Pietro. Il cielo, poc’anzi d’un turchino intenso s’era tutto soffuso di viola; e sotto, nella campagna già raccolta nella prima ombra spiccava tra i mandorli spogli una fila di alti cipressi notturni, come un vigile drappello a guardia del vicino tempio della Concordia, maestoso, aereo sul ciglione.

Monsignor Montoro si tolse lo zucchetto, si curvò un poco, chiudendo gli occhi; il Principe si segnò e tutti e due recitarono mentalmente la preghiera.

— Avete sentito di questi scandali, — disse poi il vescovo gravemente, — che turberanno certo la nostra tranquilla diocesi?

Don Ippolito chinò più volte il capo, con gli occhi socchiusi.