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— Sì, — scattò questi, come se avesse ricevuto una scossa elettrica. — Volevo venire da solo, questa mattina stessa. Monsignore, invece, no, dice, meglio che vieni con me. È una cosa molto seria, molto seria....

— Sentiamo, — disse il Principe, invitandolo col gesto a rimettersi a sedere su la seggiola di giunco del terrazzo.

Il De Vincentis si curvò per vedere dove fosse la seggiola; poi, sedendo e afferrando i bracciuoli con le piccole mani secche, adunche, proruppe:

— Don Ippolito, rovinati! noi siamo rovinati!

— Ma no.... ma no.... — si provò a correggere Monsignore, protendendo la mano gravata dall’anello vescovile.

— Rovinati, Monsignore, mi lasci dire! — ribattè il De Vincentis; e le cave gote sanguigne gli diventarono livide. — E causa della rovina è mio fratello Ninì! È andato lui dal.... dal....

Ancora una volta le mani del vescovo si protesero; il De Vincentis le intravide a tempo e si potè tenere. Ma già il Principe aveva compreso.

— Dal Salvo, — disse pacatamente. — So che gli avete ceduto....

— Ninì! Ninì! — squitti il De Vincentis.— Primosole.... Ninì! Lui gliel’ha ceduto.... Non so nulla, io; nulla di nulla; al bujo, cieco.... E lui più cieco di me, stupido, pazzo, innamorato.... Come dice? Transeat per Primosole.... Sì! Ci ho fatto la croce.... benchè.... benchè il podere solo, sa, è stato pagato, e in un modo che fa ridere....

— No, perchè? — interruppe, di nuovo, serio, Monsignore.

— Piangere, allora! — rimbeccò il De Vincentis, che aveva già perduto le staffe. — Va bene? Ot-