Pagina:I vecchi e i giovani Vol. I Pirandello.djvu/12


— 7 —

e a’ suoi subalterni toccava d’arrischiarsi fuori a risponderne.

Invano, a quattr’occhi, giurava e spergiurava, che mai e poi mai egli, al tempo dei Borboni, avrebbe indossato quell’uniforme, simbolo di tirannide, allora, simbolo dell’oppressione della patria; e soggiungeva, scotendo le mani:

— Ma ora, signori miei, via! Ora che siete voi i padroni.... Lasciatemi stare! È pane, signori miei! Dite sul serio?

Invano. Gli volevano amareggiare il sangue per forza, fingendo di non comprendere che egli poi, in fondo, non era tutto nell’abito che indossava; che sotto quell’abito c’era un uomo, un pover’uomo come tutti gli altri, costretto a guadagnarsi da vivere in qualche porca maniera. Con gli sguardi, coi sorrisi, componendo il volto a un’aria di vivo interessamento ai casi altrui, cercava in tutti i modi di stornar l’attenzione da quell’abito; poi, di tutte quelle arti che usava, di tutte quelle smorfie che faceva, si stizziva fieramente con sè stesso, perchè, a guardar quell’abito senza alcuna idea, gli pareva bello, santo Dio! e che gli stèsse proprio bene; e quasi quasi gli cagionava rimorso il dover fingersi afflitto di portarlo.

Aveva sentito dire che su, a Girgenti, un certo “funzionario„ continentale, barbuto e bilioso, aveva pubblicamente dichiarato con furiosi gesti, che una tale sconcezza, una siffatta tracotanza, un così patente oltraggio alla gloria della rivoluzione, al governo, alla patria, alla civiltà, non sarebbero stati tollerati in alcun’altra parte d’Italia, nè forse in alcun’altra provincia della stessa Sicilia, che non fosse questa di Girgenti, così.... così.... — e non aveva voluto dir come, a parole; con le mani aveva fatto un certo atto....