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di lei in miniatura, di quand’ella era giovinetta di sedici anni, e i due biglietti che gli aveva scritti, senza intestazione e senza firma, uno da Torino dopo la morte violenta del padre, l’altro da Girgenti, al ritorno dall’esilio, dopo la morte del marito il primo, più ingiallito, diceva:

I beni confiscati a Gerlando Laurentano dal governo borbonico, furono restituiti al figlio Ippolito da Carlo Filangieri di Satriano. Nulla dunque mi spetta dell’eredità paterna. La moglie e il figlio di Stefano Auriti non mangeranno il pane d’un nemico della patria„.

L’altro, più laconico, diceva:

“"Grazie. Alla vedova, agli orfani, provvedono i parenti poveri dì Stefano Auriti. Da te, nulla, Grazie„.

Scostò con la mano quei due biglietti e fissò gli occhi sul medaglioncino, che egli aveva tolto dal salone della casa paterna dopo la fuga de la sorella con Stefano Auriti.

Da allora — eran già quarantacinque anni — non l’aveva più riveduta!

Come avrebbe riveduto, ora, dopo tanto tempo, dopo tante vicende funeste, quella giovinetta bellissima che gli stava dinanzi, rosea, ampiamente scollata nell’antica acconciatura, con quegli occhi ardenti e pensosi?

Richiuse lo scrigno, dopo aver gettato un altro sguardo su i due biglietti sprezzanti; e, grave accigliato, s’avviò al salone.

Sollevata la tenda dell’uscio, intravide con gli occhi intorbidati dalla commozione la sorella in piedi alta, vestita di nero. Si fermò poco oltre la soglia oppresso d’angoscioso stupore alla vista di quel volto disfatto, irriconoscibile.

Pirandello. I vecchi e i giovani. - I. 8