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la mia sciagurata parentela in-vo-lon-ta-ria, si lotti e si vinca!

— Ah, lottare, lottare, sicuro! bisogna lottare! — disse don Illuminato, aggrottando fieramente le ciglia su i biavi occhi vanenti, — Anche se non si dovesse vincere....

— E perchè no? — domandò severo don Ippolito. — Che probabilità di vittoria può aver l’Auriti? Che conta l’Agrò?

— Ma.... dicono.... la Prefettura.... — e don Illuminato si grattò la guancia raschiosa.

— Non è base! — ribattè subito il Principe. — L’abbiamo veduto nelle ultime elezioni comunali.

— Già, già.... — si rimise don Lagàipa. — Però.... la mafia in campo, adesso.... la polizia favoreggiatrice.... tutte le male arti.... dicono.... e deve arrivare.... non so, un pezzo grosso.... un deputato.... Selmi, mi par d’avere inteso....

Don Ippolito rimase in silenzio per un pezzo, col volto atteggiato di nausea; poi, scotendo un pugno, proruppe:

— Filangieri! Filangieri!

Il Lagàipa scrollò il capo, sospirando a questa esclamazione, frequente su le labbra del Principe e accompagnata sempre da quel gesto di rabbioso rammarico:

— Filangieri!

Sapeva quanta venerazione don Ippolito Laurentano serbasse ancora alla memoria del Satriano, repressore benedetto della rivoluzione siciliana del 1848, provvido, energico restauratore dell’ordine sociale dopo i sedici mesi dell’oscena baldoria rivoluzionaria. Di quei sedici mesi era rimasto vivo di raccapriccio nel Principe il ricordo, sopra tutto per la minaccia brutale del volgo ai privilegi nobiliari e alla cre-